Villa Gradenigo
| Sorge in località Gambarare di Oriago ed è una delle più antiche della Riviera. Fu fatta costruire nel 1529 dalla famiglia Scarpa, di origine bergamasca. Ebbe poi molti altri proprietari e ancora oggi è proprietà privata. Fu "Villa Stella", quindi "Pellegrini-Fossati", ma è conosciuta come Gradenigo (che fu solo affittuario), oggi "Bellemo". Appare come una solida costruzione di mole cubica, tipica dei Palazzi del '500. Durante tale secolo, infatti, le costruzioni che s'affacciano al Canale del Brenta sono chiamati "Ville", ma non per significare una dimora particolarmente lussuosa, bensì una dimora di campagna (da Villico o Villano che era il contadino) cioè un luogo in cui ci si autosostenta, come avviene nei conventi e gli edifici in tale secolo vennero infatti costruiti in funzione del controllo dell'agricoltura e della viticoltura. I nobili proprietari dei terreni si trasferivano da Venezia alla campagna del Brenta solo per brevi periodi, in occasione, per esempio, della mietitura e della vendemmia.
Solo nei secoli successivi l' abitazione venne utilizzata anche per la villeggiatura e per essere adatta alla nuova destinazione d'uso venne abbellita con affreschi, sia internamente che esternamente. E' ripartita su tre livelli. La famiglia del nobile proprietario abitava nel piano di mezzo, chiamato per questo "piano nobile" o anche alla francese "bell'étage", caratterizzato dalla presenza sulla facciata di un terrazzino leggermente aggettante con balaustra in marmo e trifora posteriore che ci indicano la misura della larghezza del "portego", ovverosia di quel grande salone di ricevimento che si sviluppa da una facciata all' altra dell' edificio e che è largo quanto, appunto, il terrazzino esterno. Il pianterreno presenta un salone centrale di pari superficie e stanze laterali.
I locali del sottotetto, adibiti a ripostigli e magazzini, erano chiamati "mezzati" o "mezzanini", perché, come si può dedurre osservando la diversa altezza delle finestre, sono alti circa la metà rispetto a quelli del pianterreno e del primo piano. La villa era un tempo affrescata anche all' esterno con affreschi attribuiti a Benedetto Caliari, fratello di Paolo Veronese. Di essi rimane traccia nelle finte nicchie con statue tra le finestre del piano terra. Dopo la caduta della Serenissima Repubblica, nel corso della dominazione degli Austriaci che imposero tasse molto pesanti sugli immobili di lusso e successivamente dopo l'unificazione del regno d'Italia, gli affreschi vennero fatti coprire con calce per diminuire il valore dell' abitazione. La villa fu anche vittima di una speculazione edilizia che vide l'abbattimento di pareti interne affrescate per realizzare porte e si trovò per molti anni in gravissimo stato di abbandono. Negli anni sessanta venne acquisita dall'Ente per le Ville Venete che provvide ad un radicale restauro.
Sono state recuperate due importanti realizzazioni di Benedetto Caliari, a tema storico, rispettivamente "La magnanimità di Alessandro Magno" ed il "Muzio Scevola" che si trovano a destra e a sinistra della porta d' ingresso, racchiusi tra finti archi ed intercolumni. Nella parte opposta del salone sono decifrabili episodi della mitologia greca: il mito di Orfeo e quello di Atteone. L'ultima stanzetta a sinistra, detta "del Giudizio" presenta scene del Vecchio e Nuovo Testamento in parte danneggiate. Il pavimento è importante, in "terrazzo alla veneziana": gettata unica di terracotta rifinita esternamente a scopo ornamentale con frammenti di marmo e piccole pietre, levigato e lucidato con olio di semi di lino. Autentici del '500 le 4 lampade semovibili a destra del salone e l'interessantissima portantina con zampette di leone sistemata in una stanza attigua. All' esterno degna di nota una lampada appesa allo spigolo dell' edificio che apparteneva ad un galeone turco, bottino di guerra di una spedizione veneziana.
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